La virtù cardinale della Fortezza:

Ci soffermiamo sulla virtù della fortezza, perché, di questa, Bertilla è stata particolarmente arricchita, anche se ha conosciuto momenti tribolati e di scoraggiamento nel portare avanti il suo difficile “lavoro dell’ammalata”; anch’essa ha avuto bisogno del sostegno di persone buone a lei vicine.

Papa Benedetto XVI, nell’enciclica Spe salvi disse: “La società non può accettare i sofferenti e sostenerli nella loro sofferenza, se i singoli non sono essi stessi capaci di ciò, e, d’altra parte, il singolo non può accettare la sofferenza dell’altro se egli personalmente non riesce a trovare nella sofferenza un senso, un cammino di purificazione e di maturazione, un cammino di speranza. Accettare l’altro che soffre significa, infatti, assumere in qualche modo la sua sofferenza, cosicché essa diventa anche mia. Ma proprio perché ora è diventata sofferenza condivisa, nella quale c’è la presenza di un altro, questa sofferenza è penetrata dalla luce dell’amore.”

Questa è stata l’esperienza di Bertilla: tanta gente attorno a lei per confortarla, curarla, lenire il suo dolore, ma anch’essa, a sua volta, portatrice di consolazione per altri, al punto di essere chiamata “l’angelo dell’ospedale”!

Tutte le testimonianze concordano con l’affermazione di Angelina Rancan: “Dalla faccia si capiva che Bertilla era ammalata e sofferente, ma dalla sua bocca non usciva mai un lamento. Non si vedevano momenti di scoraggiamento o di depressione.” L’amica Carlisa che visse con lei giorni di ospedale, si meravigliava dell’atteggiamento di Bertilla di fronte alle difficoltà: “Si dimenticava del male che aveva, perché si sentiva felice ed io mi chiedevo come facesse.”

Maria Luisa Vicari racconta un fatto: “Bertilla era tanto buona; sebbene così giovane e così graziosa, sopportava i suoi dolori con rassegnazione senza lamentarsi, senza ribellione. Essa trovava il suo conforto nella preghiera e nella frequente comunione. Teneva in mano sempre il suo Rosario. Un brutto momento, per giunta, dovette farsi levare tutti i denti, per cui, benché ventenne, quando parlava o sorrideva, il suo aspetto sembrava quello di una vecchia e destava un po’ di ripugnanza in chi l’avvicinava. Essa, si era accorta di questo e, per evitarla, parlava rarissimamente e sorrideva ancora meno; il suo viso, così, manteneva sempre la stessa grazia.

Suor Urbanina che svolgeva il lavoro di infermiera, descrive l’atteggiamento di Bertilla di fronte alla sofferenza: “Penso che dall’incontro quotidiano con Gesù trovava la forza per donare sempre il suo sorriso, anche quando il suo volto era contratto dalla sofferenza e qualche lacrima sfuggiva dagli occhi che subito nascondeva e asciugava con la mano. Spesso trovandomi in quella stessa sala per dare assistenza alle parecchie malate degenti, il mio sguardo si posava su Bertilla perché il suo cuore era stanco, si sforzava di pulsare e i battiti si potevano contare dal movimento di tutta la sua persona e anche dal letto. Eppure nessun lamento, nessun segno se non il pallore e la sofferenza che si leggeva sul volto ma che sempre, anche se con fatica, sfiorava il sorriso.”

Riflessione

La sua breve vita fu solamente un respiro di amore, un respiro silenzioso e discreto, un respiro, che solo chi le stava accanto, riusciva a percepire e a gustare.

Tutte le testimonianze concordano in questo senso: lei non faceva prediche o discorsi, non dava consigli, non pronunciava insegnamenti, non si faceva vedere… lei viveva!

Viveva la sua vita, una vita apparentemente insignificante, anzi assurda: bloccata dalla malattia fin dall’infanzia, una malattia che le impediva di gustare le normali gioie della sua età, le gioie della libertà di azione, le gioie della compagnia spensierata delle coetanee, le gioie dell’innamoramento, le gioie di sognare un futuro. Eppure, il vivere con consapevole e serena accettazione dei vari limiti e sofferenze la faceva sentire e percepire da chi la incontrava come un modello.

I famigliari, le amiche, le compagne di malattia, le infermiere, i medici la ammiravano, la contemplavano meravigliati e scossi: come sa affrontare la malattia, le sofferenze, le delusioni! come le sa trasformare in esempio e in offerta d’amore! (Don Aldo de Toni, La primavera dell’amore. Bertilla Antoniazzi: una piccola grande storia, p.75)