Negli incontri con Bertilla siamo partiti dal suo testamento spirituale: il suo animo tormentato dal desiderio di donarsi a Dio e il timore di non esserne degna. La preghiera, assieme al “lavoro dell’ammalata” e agli incontri con gli altri, è stata la sua attività quotidiana preferenziale. Bertilla ci ha poi espresso il suo rapporto con le virtù cardinali: Fede e Speranza. Nel futuro ci racconterà l’importanza della Carità, ma ho pensato di fare un po’ di sosta con questi nostri incontri per riprenderli ad ottobre. Nel frattempo inserirò nel gruppo “Amici di Bertilla” su WhatsApp delle riflessioni prese dagli scritti di Bertilla o dagli scritti su Bertilla.

Bertilla sentiva chiaro il limite delle cose umane e man mano che si avvicinava il trapasso, la consapevolezza del cielo diventava sempre più chiara.

In una lettera alla sorella del 12 aprile 1964: “Finché Dio lo permette rimarrò su questa terra, ma penso per non molto sai! Sorella cara, altro non ho da dirti che chiederti delle preghiere, perché il Signore mi dia forza e amore, amore, amore a Dio, non desidero altro”.

È una richiesta molto alta questa di Bertilla, che sente oramai vicino il traguardo dell’incontro di Colui dal quale si sentiva amata, anche se la sua fragile carne era appesantita dal dolore e dallo scoraggiamento. Intensissima la richiesta di avere “forza e amore, amore, amore a Dio”.

All’amica Graziella, in una lettera scritta pochi mesi prima della morte, Bertilla scrive: “Io finora mi sento abbastanza bene e spero che la Madonna mi aiuti a continuare un po’ e, se non fosse così, pazienza, sono certa che il buon Dio dispone tutto per il meglio dell’anima nostra. Dobbiamo ringraziare sempre; noi non comprendiamo i suoi disegni divini. Certo, nella vita terrena abbiamo molto da soffrire e da lottare per raggiungere la meta del paradiso. Confidiamo e supplichiamo la Vergine Santa che è la mamma di Gesù e la mamma nostra, e lei ci darà ogni aiuto; meglio ancora, abbandoniamoci alla volontà di Dio che ci penserà Lui”.

Fra Arcangelo Berno, suo confessore negli ultimi mesi di vita racconta: “Un’ultima volta la rividi il 20 ottobre (due giorni prima di morire), giorno del suo onomastico. Mi disse poche parole che non compresi perché in lei non c’era più energia e si vedeva che la vittima era giunta alla consumazione. Difatti, tre giorni dopo lasciava la terra per il cielo. Era calmissima e mi dava l’impressione di vedere S. Teresa del B. Gesù sul letto di morte così come viene raffigurata nella “Storia di un’anima”.

Don Dino Signori che era il suo parroco afferma: Io posso attestare che, dopo il ritorno da Lourdes, Bertilla è vissuta con la nostalgia del Paradiso”.

Attendeva solo di unirsi a Gesù. Galvani Fausta racconta: “Ricordo che in una delle sue lettere mi diceva, cara Fausta, mi fa molto piacere sentire che sei guarita, per me invece non c’è più speranza di guarire, attendo solo che il Signore mi prenda con sé”.

Bertilla con la mamma all’Ospedale Civile di Vicenza

Riflessione

Benedetto XVI nell’enciclica Spe salvi afferma:

“La misura dell’umanità si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società. Una società che non riesce ad accettare i sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga condivisa e portata anche interiormente, è una società crudele e disumana. La società però non può accettare i

sofferenti e sostenerli nella loro sofferenza, se i singoli non sono essi stessi capaci di ciò, e, d’altra parte, il singolo non può accettare la sofferenza dell’altro se egli personalmente non riesce a trovare nella sofferenza. un senso, cammino di purificazione e di maturazione, un cammino di speranza. Accettare l’altro che soffre significa, infatti, assumere in qualche modo la sua sofferenza, cosicché essa diventa anche mia. Ma proprio perché ora è diventata sofferenza condivisa, nella quale c’è la presenza di un altro, questa sofferenza è penetrata dalla luce dell’amore”

Questa è stata anche l’esperienza di Bertilla: tanta gente attorno a lei per confortarla, curarla, lenire il suo dolore, ma anch’essa a sua volta portatrice di consolazione per altri, al punto di essere chiamata “l’angelo dell’ospedale”! (Don Giandomenico Tamiozzo, Bertilla Antoniazzi: una vita offerta)

Preghiera

Lasciando il vostro altare, Gesù Eucaristico, io vado incontro alle tentazioni. Mio Dio siate con me, ditemi sempre che stia in guardia, che io non cerchi mai le occasioni di offendervi, se io le cerco per la debolezza o per attrattive, che io non soccomba mai e se cado o Mio Dio, rialzatemi presto e nello stesso momento mi prostri dinanzi a Voi e vi domando perdono.

Caro Gesù dolcissimo, lascio il vostro altare, ma vi porto con me. Andiamo a lavorare e a soffrire, andiamo a sacrificar ci insieme.

Chi desidera esprimere una riflessione su quanto qui espresso o proporre altre idee da condividere in questa rubrica, lo può fare scrivendo alla seguente mail:
rubrica@bertillaantoniazzi.it

Luigi Grandi (notaio nel processo diocesano per la beatificazione)