Per proporre una persona ad imitazione dei fedeli è necessario evidenziare quale è l’importanza e il significato che lei ha nella Chiesa del suo tempo e di oggi. Per Bertilla furono evidenziati i seguenti contenuti.

Cerimonia di conclusione del processo di beatificazione di Bertilla Antoniazzi

La preghiera

La preghiera è stata fin dai primi anni l’elemento che ha caratterizzato la spiritualità di Bertilla sia nell’atteggiamento fisico che nella disposizione dell’animo. A dieci anni trascriveva le preghiere su fogli riuniti a forma di quaderno; a sedici anni, quando poteva andare in chiesa era ammirata dalle sue coetanee per il contegno; negli ultimi anni si immergeva nella realtà di Dio.

            Per Bertilla la preghiera era totale affidamento all’amore di Dio. L’aveva appreso dall’ambiente in cui era vissuta. Era naturale ringraziare Dio per la vita che le aveva donato, per tutto ciò che avveniva quotidianamente ed era spontaneo affidarsi a Dio e all’angelo custode.

La vita offerta

La preghiera non è solo fatta di parole, di sentimenti, di culto pubblico e privato, di adorazione e ringraziamento, la preghiera è anche vita, vita offerta e unificata davanti al Volto di Dio. Bertilla lo diceva in modo molto bello e preciso a padre Arcangelo in una lettera: “Ogni giorno alla mattina faccio l’offerta di tutta la giornata, di tutto quello che faccio, di tutto quello che può accadere durante il giorno”.

È certo che l’eroica offerta della vita, suggerita e sostenuta dalla carità, esprime una vera, piena ed esemplare imitazione di Cristo e, pertanto, è meritevole di quella ammirazione che la comunità dei fedeli è solita riservare a coloro che volontariamente hanno accettato il martirio di sangue o hanno esercitato in grado eroico le virtù cristiane.

La speranza nella vita futura era talmente profonda, da essere certezza

            Nel 1963 la mamma fu chiamata all’ospedale per un improvviso e grave peggioramento, Bertilla aprendo gli occhi e sorridendo alla madre, disse: “Mamma non piangere perché vado in paradiso”.

            A suo cugino Aldo scriveva: “Senti, Aldo, noi siamo anime predilette da Dio. Egli ci ama tanto, vuole che soffriamo insieme per poi far parte della sua gloria”. Di ritorno dal pellegrinaggio a Lourdes scriveva alla sorella: “La grazia che ho chiesto alla Madonna è quella di farmi santa come la mia patrona, di soffrire con amore, in silenzio, per far contento Gesù, per convertire tante anime… in fondo al cuore ho un grande desiderio di farmi santa, perché ho capito che in questo mondo tutto finisce, solo il bene resta per l’eternità”.

 Accogliere le tribolazioni della vita

Nessuno può pretendere di vivere senza difficoltà, senza crisi, senza amarezze, senza malattia, senza contrarietà. La vita alle volte è in salita e chiede di stringere i denti, come dice l’antico adagio: “Quando infuria la bufera, il nocchiero non piange, ma stringe con più forza il timone”. Questa sapienza puramente umana può essere nobilitata e resa più forte e fruttuosa dalla sapienza evangelica, come ha saputo fare Bertilla, che di fronte alle difficoltà della salute, non si è arresa, ma, pur lottando con tutte le sue forze e accogliendo tutti gli aiuti che le venivano offerti dalla medicina e dalle persone che di lei avevano cura, ha saputo accogliere con coraggio, forza e tanta pazienza la sua malattia. Papa Giovanni Paolo II nel suo insegnamento del “Salvifici doloris”, ci aiuta a capire che anche la sofferenza può avere un senso redentivo quando affrontata per lenire, aiutare, riparare ecc. San Paolo ha una frase illuminante quando scrive: “Completo nella mia carne ciò che manca alla redenzione di Cristo” (Col 1,24); non nel senso che la redenzione di Gesù sia mancante di qualche cosa, ma perché anch’io, come membra del corpo di Cristo che è la chiesa, sono chiamato a dare il mio piccolo contributo al bene di tutto il corpo. Anch’io posso offrire i miei cinque pani e due pesci per il bene di altri, se non altro la mia vicinanza, simpatia, aiuto concreto a chi è nella difficoltà della malattia o di qualsiasi altro genere. La misericordia di Dio, la Provvidenza di Dio ha bisogno di mani e di cuori che la rappresentino e la facciano operare a bene di altri.

La sorella di Bertilla, suor Pialuigia e i partecipanti alla cerimonia

La sofferenza viene trasfigurata in amore

            “Ti esorto, Aldo, di non lasciare andare perduto un momento della tua sofferenza senza averla posta nelle mani di Gesù. Vedrai che Egli ti darà ogni aiuto, perché non può chiedere ai suoi figli cose impossibili e vedrai che il tuo soffrire diventerà leggero tanto più saprai abbandonarti a Gesù”.

Al Padre spirituale, due mesi prima di morire: “Io, Padre, ho un desiderio vivo di amare il Signore, il mio ideale è quello della perfezione, cioè di amare sempre più Gesù fino alla meta della santità, visto che Dio, molto buono, ha avuto misericordia di me e si è degnato di prendermi come sua figlia prediletta, dandomi tutte le grazie necessarie, soprattutto la sofferenza della mia malattia che, secondo me, Padre, è un gran mezzo per amare di più nostro Signore Gesù Cristo, e per questo ho capito che il buon Dio mi vuole tutta sua.”

Le testimonianze confermano la trasformazione che Bertilla fece della sofferenza in amore: “Quel suo lieve sorriso mi dava tanta pace dentro che non riesco a spiegare. Accanto a lei mi sentivo proprio felice”

L’intercessione

Una cosa che colpisce della vita e della preghiera di Bertilla è il suo intercedere per tante persone, non solo per quelle che incontrava in ospedale e negli altri ambienti di vita, ma anche per tanti sconosciuti per i quali pregava: i sacerdoti, i missionari, i peccatori, le anime del purgatorio, il papa, il concilio.

La santità è per tutti

Essendo una giovane, Bertilla sembra avere messaggi soprattutto per i giovani, ma in effetti la sua vita è un richiamo per tutti; lei si è interessata di tutti, con le sue preghiere e offerte di vita.

Preghiera

Mamma cara del Paradiso, io mi abbandono nel tuo cuore! Tienimi sempre vicina a Te! Lontana dai pericoli e dalle tentazioni.  Aiutami Tu a non offendere mai più il cuore di Gesù con le mie mancanze! Dolce Mamma, fa che io sopporti tutte le mie sofferenze, i miei dolori, le mie contrarietà volentieri per amore di Gesù, in riparazione dei peccati miei e di tutta l’umanità.

Mamma dolce cara fa che il mio cuore si accenda di un puro e Santo Amore a Dio. Un’ultima parola ti dico, oh! Mamma tenerissima: fammi Santa.

 

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Luigi Grandi (notaio nel processo diocesano per la beatificazione)