Bertilla è l’esempio di un percorso semplice e lineare di fede.

  1. L’ambiente è determinante: semplicità di vita, valori profondi, religiosità vissuta.

  2. Verso i nove anni la malattia e la lontananza da casa la spingono verso la preghiera: “Ho pregato molto quand’ero in colonia”. Il distacco dai genitori, il bisogno di protezione fa ricercare un aiuto. È il primo contatto spontaneo e personale verso una realtà di Gesù Padre.

  3. Verso i dodici, tredici anni la malattia la rende fragile, la limita nella partecipazione alle attività dei suoi coetanei, i ricoveri e le medicine la mettono alla prova. La ricerca di una sua identità la induce a vivere intensamente la sua amicizia con Gesù: Egli la consolava, la consigliava, la valorizzava. “Le iniezioni mi fanno paura, ma penso che per essere vera amica di Gesù non devo lamentarmi”. Aveva il diario personale, dove trascriveva le preghiere, ma specialmente annotava giorno per giorno gli impegni e i sacrifici spontanei da compiere: “Quanto più sarò generosa nel trovare occasioni di mortificazioni, tanto più la mia anima si irrobustirà e accetterò con gioia le pene e le contrarietà che mi accadranno”. Si sente, attraverso l’amico Gesù, unita al mondo. Le intenzioni delle sue preghiere e delle sue mortificazioni riguardano il mondo a lei noto. Appartiene alla realtà della Chiesa vivente Non le mancano i momenti difficili, ma si sentiva partecipe della vita di Gesù. “In certi momenti vedo tutto triste nella mia vita, mi sento abbandonata da tutti e piango. Il mio cuore si spezza dalla tristezza, ma penso che Gesù mi è vicino quando mi trovo nel dolore, così mentre le lacrime mi cadono dagli occhi, mi consolo pensando di poter offrire a Gesù qualcosa”. Il frutto di questa sua amicizia con Gesù è la serenità con cui Bertilla affronta le situazioni La sua vita, pur diversa a causa della malattia, scorreva nella normalità e nella serenità dell’animo. Un’amica che la incontrava quasi quotidianamente fino ai sedici anni, ripete e accentua il fatto che era un’amica gioiosa, con cui discuteva delle solite cose e facevano lavoretti che poi lei regalava a chi andava a trovarla. Niente di particolare, ma la gioia e serenità che mostrava derivava da rapporto che aveva con Gesù, un rapporto intimo, tutto suo, di preghiera e di offerta. Questo viene manifestato dalle preghiere e dalle intenzioni che lei scriveva su dei quaderni che furono ritrovati dopo la sua morte. Nessuno era a conoscenza del suo lavoro interiore. La fede per Bertilla era l’unione con Gesù, un dono che Dio le aveva donato e che conservava in sé senza alcuna imposizione verso gli altri. La fede come amore e gioia.

  4. Nel periodo dell’adolescenza le testimonianze ci mostrano una ragazza normale che vive intensamente la religione con un contegno riservato e rispettoso. Verso i sedici, diciassette anni i ricoveri si fanno più frequenti e la malattia mostra la sua gravità. Una signora che la conobbe a questa età e, abitando vicino, la andava spesso a trovare dice: “Era una persona simpatica, pura, dolce e mite, piena di fede e di rassegnazione. Pregava molto e le piaceva, quando andavamo a farle visita, recitare preghiere con noi”. Ciò che caratterizza Bertilla è la semplicità e naturalezza con cui accetta la volontà di Dio. “Sono certa che il buon Dio dispone tutto per il meglio dell’anima nostra e lo dobbiamo ringraziare qualunque cosa accada perché noi non comprendiamo i suoi disegni divini.” L’accettazione della sofferenza non è passiva: “Coraggio zia, noi (io, tu, Aldo e la cara mamma) abbiamo molto da soffrire; bisogna incoraggiarsi a vicenda, essere uniti nella preghiera, nell’offerta a Dio della nostra sofferenza e di noi stessi, ringraziandolo dell’amore che usa verso di noi.” Il dottore che negli ultimi anni la seguiva nei numerosi ricoveri all’ospedale testimonia: “Di Bertilla mi rimane un senso di profonda serenità e fiduciosa offerta della sua sofferenza, che non ha mai fatto pesare su di noi, anzi la trasformava in un sorriso di accettazione quasi gioioso.”

  5. Verso i diciotto anni trova il bisogno di comunicare il suo mondo interiore ad amici, conoscenti, specialmente alle persone che conosceva nei ricoveri all’ospedale. Sono molte le lettere che scrive negli ultimi due anni e da quelle comprendiamo la sua spontaneità, la sua semplicità e l’amore che irradiava dal suo cuore. Partecipa alle sofferenze e alle gioie degli altri, augura loro di star bene, descrive i suoi stati d’animo, ma specialmente, in modo molto umile, esprime l’amore per Gesù e l’importanza di pregare. L’amore intenso verso Gesù le permette di capire (conoscenza) il senso della sua sofferenza: “Dio si è degnato di prendermi come sua figlia prediletta, dandomi tutte le grazie necessarie, soprattutto la sofferenza della mia malattia che, secondo me, è un mezzo per amare di più nostro Signore Gesù Cristo e per questo ho capito che il buon Gesù mi vuole tutta sua.” La malattia la rende partecipe alla salvezza delle anime: “Parto, Gesù dolcissimo, lascio l’altare, ma vi porto con me. Andiamo a lavorare e soffrire, andiamo a sacrificarci insieme.” Diviene, così, naturale per lei ciò che nella odierna mentalità appare assurdo: “Il lavoro dell’ammalata”. “Se vuole che faccia il lavoro dell’ammalata, lo faccio volentieri anche se qualche volta è molto duro e difficile e mi scoraggio, ma poi mi riprendo”. Le testimonianze lo esprimono chiaramente: “ E’ stato un angelo passato sulla terra, nella purezza e nel candore, senza contaminarsi del male. Quanto bene ha fatto! La sua sofferenza è stata uno strumento nelle mani di Dio per portare verso Lui tante anime.” “Pregava molto. Durante il giorno, molte volte la vedevo con il libro delle preghiere in mano, estranea a quanto la circondava, mi è capitato di chiamarla, senza ottenere risposta.” Viene spontaneo nel leggere la sua disponibilità alla sofferenza avvertire l’atteggiamento di Maria “Fiat voluntas tua” e “magnificat anima mea dominum”. Nella parabola del figliol prodigo comprende le parole del padre al figlio maggiore che riesce spesso difficile condividere per chi è praticante (fa parte della natura il confronto): il vivere nella fede e nell’amore di Dio è felicità. Un semplice fatto raccontato da una sua amica diciottenne: passava la corsa del giro d’Italia sotto le finestre dell’ospedale. Lei propone alla sua amica un sacrificio recitare le preghiere invece di guardare i corridori. L’amica riferisce che s sentì felice nell’animo nel fare quell’esperienza.

E’ un esempio per i genitori di figli nel periodo dell’infanzia e della preadolescenza: insegna a capire che i momenti difficili sono naturali e servono per crescere. I genitori non sono onnipotenti e il bambino e specialmente il preadolescente ha bisogno di un amico che dia sempre sicurezza e solo Gesù può questo. L’amico Gesù —-> preghiera come richiesta di aiuto, ma specialmente di dialogo. La fede non fondata su comandi e paure, ma come gioia e amore (Nelle lettere di Bertilla risulta questo aspetto). Sacrifici non solo per lo sviluppo del corpo, ma anche per maturare una sicurezza in se stessi ed essere pronti all’amore.

E’ esempio per i ragazzi dai dieci ai quindici anni (età del catechismo) nei seguenti contenuti:

  1. Dio Padre che dà sicurezza: la preghiera è stata per Bertilla il mezzo per avvertire la presenza di Dio come padre che la protegge, che la aiuta nelle necessità, che l’ascolta sempre. “Pregavo molto quando ero in colonia” (aveva nove anni). I problemi di salute, l’isolamento dai coetanei la spingevano verso la richiesta di presenza protettiva di Dio. Le preghiere erano costanti e le aveva trascritte su un quadernetto, distribuendole durante la giornata. Erano per lei un costante dialogo con il Padre.
  2. L’amico Gesù: è l’età in cui il bisogno di confrontarsi con gli amici e specialmente di stare con loro favorisce la formazione del pensiero e dell’animo (fattori emotivi). L’amico è colui a cui si confidano le sensazioni, le emozioni, i dubbi, le decisioni. Per Bertilla l’amico era importantissimo, perché i problemi che doveva affrontare erano molti e la solitudine la costringeva a prendere da sola tante decisioni. Gesù le era sempre vicino, a Lui si rivolgeva nell’analisi delle situazioni e nella presa di decisioni, a Lui manifestava le sue angosce, con Lui affrontava i momenti difficili, condivideva con Lui le sue riflessioni. Con lui maturava le sue convinzioni.
  3. I sacrifici rafforzano la volontà e formano il carattere. Si imponeva sacrifici per rendersi più sicura nell’affrontare le situazioni e più decisa nel raggiungere i risultati che riteneva importanti. “Quanto più sarò generosa nel trovare occasioni di mortificazione, tanto più la mi anima si irrobustirà e accetterò con gioia le pene e le contrarietà che mi accadranno”.La preadolescenza e l’adolescenza è l’età dei sogni e Bertilla ne aveva molti, ma le situazioni rendevano difficile il loro raggiungimento. Ciò che per gli altri era semplice e facile per lei era complicato e doveva rafforzare il suo carattere per raggiungere una sua autonomia. Come un campione dello sport deve impegnarsi in modo costante per raggiungere certi risultati, lei doveva lottare per non lasciarsi sopraffare dalla sfiducia.
  4. L’amicizia è un elemento fondamentale nella vita di relazione. Erano gli altri che la andavano a trovare, ma lei li riceveva con grande affetto, cosciente del dono che facevano a lei. Spesso viviamo l’amicizia senza accorgerci del dono che gli altri ci fanno, lei invece lo costatava quotidianamente e ricambiava con qualche oggetto che lei faceva. Lei capiva che l’amicizia è un dono e non solo un diritto o un semplice scambio, per questo la sua sensibilità verso gli amici era molto profonda. Viveva con loro la normalità della vita, pur avvertendo la sua diversità e questa non influiva sui suoi comportamenti. Le amiche dell’età dell’infanzia e preadolescenza riferiscono che parlavano solo dei loro entusiasmi e dei loro sogni.
  5. La preghiera apre al mondo intero. Bertilla comprese ben presto che attraverso la preghiera lei era unita a tutto il mondo e le intenzioni che annotava alle sue preghiere lo rivelano. Questo bisogno naturale nel ragazzo viene spesso trascurato per la prevalenza dei numerosi interessi presenti nella sua vita quotidiana, lei invece lo viveva intensamente. Le preghiere e i doni per le missioni indicano questa apertura dell’animo.