Dicembre 1964

Reverendo Padre,
rispondo alla Sua lettera ricevuta giorni fa, scusandomi innanzitutto di non aver risposto subito.
Da quanto ho appreso, lei cerca di cogliere notizie riguardanti la mia cara amica scomparsa Bertilla Antoniazzi.
Ecco quanto mi è possibile comunicarLe: ho conosciuto Bertilla due anni fa quando anche io ero ricoverata all’ospedale civile di Vicenza.
Mi trovai nel letto accanto e restai un po’ sorpresa sentendo che abitava poco lontano dalla mia casa.
Così cominciò la nostra amicizia, le mie visite furono frequenti e molte volte restavo perplessa vedendo con quanta serenità e rassegnazione accettava la sua non
lieve sofferenza.
Ma lei, sempre cara, pensava alla mamma che doveva sacrificare molto per lei e per la sua famiglia e a sé stessa pensava poco.
Sinceramente queste visite mi davano più che pietà per lei un senso di conforto che ella sapeva infondere nel cuore di chi l’avvicinava.
Si teneva molto informata delle funzioni cristiane della parrocchia e, come ne parlava! Con quanto fervore aspettava il giorno che il parroco le portava la S.
Comunione!
Constatai in lei una forza non comune per una ragazza di venti anni, nei momenti che lo sconforto la vinceva, quasi subito si rasserenava e mi diceva: “In questa
vita bisogna sopportare questo ed altro in confronto dell’eternità che ci aspetta”.
Questi ed altri discorsi del genere, facevano intravedere in lei un’anima profondamente cristiana.
Certo, potrei proseguire con altri dettagli ma non ho molta capacità nello scrivere, però dico sinceramente che mi è rimasto un ricordo di esempio di
rassegnazione cristiana di lei così cara, buona e semplice.
Padre, mi dispiace di non avere né lettere, né altro di lei che, potesse esserLe utile.
Distinti saluti
Elisabetta Carta